Bonus ai dipendenti con figli a carico: esenti da imposte i benefit fino a 3000 euro

Pronte le indicazioni dell’Agenzia delle entrate sulla nuova disciplina del welfare aziendale, a seguito delle novità introdotte dal “Decreto lavoro” che ha innalzato per il 2023 fino a 3000 euro, in luogo degli ordinari 258,23 euro, il limite entro il quale è possibile riconoscere ai dipendenti beni e servizi esenti da imposte (Agenzia delle entrate, circolare 1 agosto 2023, n. 23/E). 

L’articolo 51, comma 3, terzo periodo, del TUIR prevede che non concorre a formare il reddito di lavoro dipendente il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati al lavoratore se il valore complessivo degli stessi non supera nel periodo d’imposta l’importo di euro 258,23.

Di conseguenza il superamento di quest’ultimo importo comporta la tassazione ordinaria dell’intero ammontare e non soltanto della quota parte eccedente il citato limite di euro 258,23.

 

In deroga al predetto articolo 51 del TUIR, l’articolo 40 del Decreto Lavoro stabilisce, per il solo periodo d’imposta 2023 ed esclusivamente a favore dei lavoratori dipendenti con figli fiscalmente a carico, un innalzamento a euro 3.000 del limite di esenzione dei fringe benefit e, analogamente all’articolo 12 del Decreto Aiuti-bis, include tra i fringe benefit concessi ai lavoratori anche le somme erogate o rimborsate ai medesimi dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale.

 

Pertanto, al ricorrere dei requisiti previsti dall’articolo 40 del Decreto Lavoro, il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati al lavoratore, nonché le somme erogate o rimborsate per il pagamento delle utenze domestiche, non concorrono, nel rispetto del limite di euro 3.000, a formare il reddito di lavoro dipendente, né sono soggetti all’imposta sostitutiva di cui ai commi da 182 a 189, della Legge n. 208/2015, anche nell’eventualità in cui gli stessi siano fruiti, per scelta del lavoratore, in sostituzione, in tutto o in parte, dei premi di risultato e delle somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa.

La suddetta sostituzione dei premi di risultato e degli utili, potenzialmente assoggettabili a imposta sostitutiva, con beni e servizi o somme erogate o rimborsate per il pagamento delle utenze domestiche, può avvenire solo qualora i contratti aziendali o territoriali ne prevedano la sostituibilità. Inoltre, le somme pagate per le utenze dal lavoratore dipendente nel 2023 che si riferiscono a consumi di competenza del 2022, già rimborsate o per le quali siano già state erogate le somme dal datore di lavoro in applicazione del citato articolo 12, non possono essere considerate ai fini della nuova agevolazione.

 

La circolare dell’Agenzia precisa, sempre ai sensi del citato articolo 40 del Decreto Lavoro, che l’agevolazione si applica ai lavoratori dipendenti con figli, compresi i figli nati fuori del matrimonio riconosciuti, i figli adottivi o affidati, che si trovano nelle condizioni previste dall’articolo 12, comma 2, del citato testo unico delle imposte sui redditi. Sono fiscalmente a carico, ai sensi dell’articolo 12, comma 2, del TUIR, i figli che abbiano un reddito non superiore a euro 2.840,51, che sale a 4.000 euro per i figli fino a 24 anni e verificato al 31 dicembre 2023.

L’agevolazione è riconosciuta in misura intera a ogni genitore, titolare di reddito di lavoro dipendente e/o assimilato, anche in presenza di un unico figlio, purché lo stesso sia fiscalmente a carico di entrambi.

Spetta, altresì, nel caso in cui il contribuente non possa beneficiare della detrazione per figli fiscalmente a carico poiché per gli stessi percepisce l’assegno unico e universale.

Qualora i genitori si accordino per attribuire l’intera detrazione per figli fiscalmente a carico a quello dei due che possiede il reddito complessivo di ammontare più elevato, la nuova agevolazione spetta a entrambi, in quanto il figlio è considerato fiscalmente a carico sia dell’uno sia dell’altro genitore.

 

Alla restante platea di lavoratori dipendenti si continua ad applicare l’ordinario regime di esenzione, che prevede un limite, fino a 258,23 euro, entro il quale è possibile riconoscere ai dipendenti beni e servizi esenti da imposte e che non ricomprende i rimborsi e le somme erogate per il pagamento delle bollette di luce, acqua e gas, per i quali resta applicabile il principio generale secondo cui qualunque somma percepita dal lavoratore in relazione al rapporto di lavoro costituisce reddito imponibile di lavoro dipendente.

 

La circolare sottolinea, inoltre, che l’agevolazione si applica solo per periodo d’imposta 2023. Di conseguenza, l’ammontare complessivo dei fringe benefit deve tener conto anche di quelli erogati dal datore di lavoro già dall’inizio del periodo d’imposta 2023.

Per accedere al beneficio, il lavoratore deve dichiarare al proprio datore di lavoro di averne diritto, indicando il codice fiscale dell’unico figlio o dei figli fiscalmente a carico. Non essendo prevista una forma specifica per questa dichiarazione, la stessa può essere resa secondo modalità concordate fra datore di lavoro e lavoratore, conservandone la documentazione ai fini di un eventuale controllo da parte degli organi competenti.

Naturalmente, al venir meno dei presupposti per l’agevolazione, l’Agenzia raccomanda di darne prontamente comunicazione al sostituto d’imposta. Quest’ultimo recupererà il beneficio non spettante dagli emolumenti corrisposti nei periodi di paga successivi a quello nel quale è resa la comunicazione e, comunque, entro i termini di effettuazione delle operazioni di conguaglio di fine anno o di fine rapporto, nel caso di cessazione dello stesso nel corso del 2023.

 

Infine l’Agenzia precisa che il regime dell’articolo 40 del Decreto Lavoro rappresenta un’agevolazione ulteriore, diversa e autonoma, rispetto al bonus carburante, di cui all’articolo 1, comma 1, del D.L. n. 5/2023. Ne consegue che, al fine di fruire dell’esenzione da imposizione, i beni e i servizi erogati nel periodo d’imposta 2023 dal datore di lavoro a favore di ciascun lavoratore dipendente possono raggiungere un valore di euro 200 per uno o più buoni benzina e un valore di euro 3.000 per l’insieme degli altri beni e servizi (compresi eventuali ulteriori buoni benzina), nonché per le somme erogate o rimborsate per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale.

 

CCNL Dirigenti medici: nessun accordo con Aran

Salta l’intesa tra i Sindacati e l’Aran per il rinnovo del contratto per il Comparto

Sfuma l’intesa tra le Parti Sindacali e l’Aran per il rinnovo del CCNL Dirigenti medici e sanitari 2019-2021. Il no alla firma è stato dato da Anaao-Assomed, Cimo e Fesmed. Al centro del dibattito l’orario di lavoro del personale. In particolar modo, come sostenuto da Anaao-Assomed, serve conoscere l’orario eccedente il debito contrattuale, e precisare un cut off utile per limitarne in maniera netta l’utilizzo evitando l’abuso. Oltre all’orario di lavoro, vi sono altri istituti importanti quali: trasferte e servizi esterni, il patrocinio legale, l’aggiornamento professionale, tipologie di guardie e numero di posti letto; oltre alla questione legata alle maggiorazioni periferiche. Senza tralasciare la riflessione sulla parte economica. Dall’Aran fanno sapere che le risorse finanziarie messe sul banco in fase di contrattazione avrebbero consentito un incremento medio retributivo di 254,00 euro mensili. Alla cifra, si aggiungono le risorse per i medici del Pronto Soccorso pari a 27 milioni di euro per il 2022 e 60 milioni per il 2023. Alla luce delle situazione attuale, la riunione è stata aggiornata alla settimana prossima, ma l’Accordo tra le Parti potrebbe slittare a settembre.

CIRL Personale sanitario – Lazio: prestazioni aggiuntive per il personale di Pronto Soccorso

La Giunta regionale ha ratificato l’accordo del 9 giugno scorso, sottoscritto con i sindacati

La Giunta regionale ha ratificato l’accordo siglato il 9 giugno scorso, sottoscritto con i sindacati, per le prestazioni aggiuntive dei medici (100,00 euro lordi l’ora) in servizio nei pronto soccorso, a decorrere dal mese di maggio e valevole per tutto il 2023.
La delibera, al fine di remunerare il servizio prestato nei pronto soccorso dal personale stabilmente assegnato, garantisce 340,00 euro lordi in più per 65 ore mensili (di cui almeno un turno notturno o festivo) fino ad arrivare a 1.040,00 euro per 150 ore (comprensive di 5 turni notturni e/o festivi). 
Un provvedimento, come afferma la Regione in una nota, che punta alla valorizzazione e alla crescita professionale del personale dei dipartimenti di emergenza e urgenza, e che intende garantire la continuità del servizio sanitario, nonchè la gravosità e la complessità dell’attività svolta.
Inoltre, l’obiettivo è di non ricorrere ai contratti di lavoro a termine, di evitare le esternalizzazioni e di fronteggiare le cessazioni volontarie nei pronto soccorso. Queste ultime, infatti, potrebbero mettere a rischio da un lato l’assistenza ai pazienti e le attività sanitarie, dall’altro produrre un rilevante costo a carico delle aziende. 
Nel complesso la delibera è parte integrante del nuovo processo di potenziamento delle risorse umane del sistema sanitario regionale, con azioni specifiche alla stabilizzazione del personale, alla riduzione del precariato, all’assunzione e alla reinternalizzazione dei servizi.

Piccoli coloni e compartecipanti familiari: malattia, maternità e tubercolosi per il 2023

L’INPS ha comunicato gli importi giornalieri sulla cui base dovranno essere determinate le prestazioni per l’anno in corso (INPS, circolare 1 agosto 2023, n. 72).

L’Istituto ha reso noti gli importi giornalieri sulla cui base dovranno essere determinate, per il 2023, le prestazioni economiche di malattia, di maternità/paternità e di tubercolosi per i piccoli coloni e i compartecipanti familiari.

Con la circolare n. 69/2023 l’Istituto aveva già comunicato, ai fini dei versamenti dei contributi integrativi volontari per l’anno 2023, le retribuzioni medie giornaliere valide per i piccoli coloni e i compartecipanti familiari, determinate con il decreto del 21 giugno 2023 del Direttore generale per le Politiche previdenziali e assicurative del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali.

Di conseguenza, gli importi giornalieri per il calcolo delle prestazioni economiche citate (a eccezione, per la tubercolosi, delle ipotesi in cui, in ragione della normativa vigente, le prestazioni debbano essere erogate in misura fissa sulla base degli importi di cui alla circolare n. 9/2023) sono aggiornati secondo quanto riportato nella tabella allegata alla circolare in commento.

In particolare, in riferimento all’erogazione delle prestazioni economiche di malattia e di tubercolosi, l’INPS ricorda che le retribuzioni di cui al citato decreto direttoriale sono utilizzabili soltanto nei confronti dei compartecipanti familiari e dei piccoli coloni, limitatamente ai quali, nell’ambito del settore agricolo, continuano a trovare applicazione i salari medi convenzionali determinati, anno per anno, per ciascuna provincia con i decreti previsti dall’articolo 28 del D.P.R. n. 488/1968.

Eventuali prestazioni riferite a eventi indennizzabili sulla base di periodi di paga cadenti nel 2023, liquidate temporaneamente a questi lavoratori sulla scorta dei salari convenzionali stabiliti per il 2022, dovranno essere, pertanto, riliquidate sulla base dei nuovi importi.

Inoltre, per quanto riguarda le prestazioni economiche di maternità/paternità, si ricorda che le stesse, a decorrere dal 2011, sono liquidate sulla base del reddito medio convenzionale giornaliero valido per la determinazione della misura delle pensioni.

Il reddito applicabile, per il 2023, ai fini dell’erogazione delle prestazioni di maternità/paternità, è pari a 61,98 euro.

 

Definizione agevolata controversie tributarie e domanda di rimborso dell’IVA

In tema di definizione agevolata, l’Agenzia delle entrate, in risposta ad un interpello riguardo il recupero dell’IVA indetraibile, ha riconfermato la possibilità di chiedere il rimborso entro due anni dall’avvenuta restituzione al cessionario dell’importo pagato a titolo di rivalsa (Agenzia delle entrate, risposta 31 luglio 2023, n. 408).

L’articolo 1, commi da 186 a 202, della Legge di bilancio 2023 disciplina la definizione agevolata delle controversie tributarie in cui è parte l’Agenzia delle entrate, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, con il pagamento di un importo pari al valore della controversia.

Il valore della controversia è stabilito ai sensi del comma 2 dell’articolo 12 del D.Lgs. n. 546/1992, secondo cui per valore della lite si intende l’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato.

Tale definizione agevolata si applica alle controversie in cui il ricorso in primo grado è stato notificato alla controparte entro il 1° gennaio 2023 e per le quali alla data della presentazione della domanda il processo non si sia concluso con pronuncia definitiva.

 

Nel caso di specie, l’Agenzia delle entrate è stata interpellata per chiarire come due società istanti possano recuperare, in qualità di cedenti, l’IVA che vorrebbero restituire alle proprie controparti/cessionari, pari all’imposta che questi ultimi dovrebbero corrispondere in sede di definizione agevolata. 

 

Al riguardo l’Agenzia fa presente che l’articolo 30­ter, comma 2, del decreto IVA prevede che nel caso di applicazione di un’imposta non dovuta ad una cessione di beni o ad una prestazione di servizi, accertata in via definitiva dall’Amministrazione finanziaria, la domanda di restituzione può essere presentata dal cedente o prestatore entro il termine di due anni dall’avvenuta restituzione al cessionario o committente dell’importo pagato a titolo di rivalsa.

 

Già con due precedenti risposte dell’Agenzia, n. 128 e 129 del 23 aprile 2019, in merito alla definizione agevolata delle controversie di un avviso di accertamento per il recupero dell’IVA indetraibile in capo alla cessionaria, era stato chiarito che, con la definizione agevolata il procedimento può considerarsi concluso in via definitiva al momento del passaggio in giudicato della pronuncia giurisdizionale che dichiara l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere; conseguentemente il cedente è legittimato a presentare domanda di restituzione entro il termine di due anni dall’avvenuta restituzione al cessionario dell’importo pagato a titolo di rivalsa.

Inoltre, con la circolare n. 23/E del 25 settembre 2017 era stato chiarito che, il cedente o prestatore che avesse validamente aderito alla definizione, poteva avvalersi della disposizione di cui all’articolo 60, comma 7, del decreto IVA, secondo cui il contribuente ha diritto di rivalersi dell’imposta o della maggiore imposta relativa ad avvisi di accertamento o rettifica nei confronti dei cessionari dei beni o dei committenti dei servizi soltanto a seguito del pagamento dell’imposta o della maggiore imposta, delle sanzioni e degli interessi.

 

Coerentemente ai principi stabiliti con le precedenti risposte, l’Agenzia afferma che essi possano essere applicati anche alle controversie tributarie definite in via agevolata secondo le disposizioni della Legge di bilancio 2023.

Ne consegue, dunque, che l’adesione alla definizione agevolata della controversia tributaria da parte del cessionario/committente o cedente/prestatore che abbia detratto l’IVA indebitamente addebitatagli a titolo di rivalsa o recuperata attraverso note di variazione, legittima il cedente/prestatore o il cessionario/committente, nei limiti delle somme corrisposte alla controparte ai fini della definizione, a presentare domanda di rimborso entro il termine di due anni dalla data di restituzione alla controparte medesima dell’IVA pagata a titolo di rivalsa.

Il rimborso potrà avvenire per un importo pari a quanto restituito alla controparte e non potrà essere superiore a quanto effettivamente pagato in sede di definizione agevolata della controversia.

 

Il procedimento potrà essere considerato concluso in via definitiva al momento del passaggio in giudicato della pronuncia giurisdizionale che dichiara l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere a seguito della definizione agevolata.