Covid 19: proroga iniziative straordinarie del Fondo Sani.in.Veneto

Siglato il verbale di proroga delle iniziative straordinarie SANI.IN.VENETO MAICOSìVICINI E RIAPRIRE SICURI che erano in scadenza al 31.3.2022.

Pur essendo intervenuto il termine, con il 31 marzo 2022, dello stato di emergenza COVID19, permane un dato di contagi significativo per cui il DL n. 24 del 24 marzo 2022 ha previsto comunque misure per il contenimento del contagio.

Su tale scia l’accordo prevede:
– proroga della campagna MAICOSìVICINI FINO AL 31 maggio 2022 portando il limite della copertura della diaria in caso di isolamento o quarantena ad un massimo di 7 giorni per gli interventi dal 1.4.2022 al 31.5.2022;
– prorogati fino al 31.5.2022 gli interventi previsti nell’accordo del 9.11.2021 relative ai saggi diagnostici e rimborso per le spese sostenute dalle imprese per l’acquisto di mascherine chirurgiche e FFP2;
– Per le pratiche  previste dal precedenti accordi la scadenza ultima di presentazione e invio al fondo è prorogata al 31.5.2022 mentre la scadenza per le prestazioni come previste dal nuovo accordo per eventi intervenuti dal 1.4.2022 al 31.5.2022 è fissata al 31.7.2022.

Infortunio sul lavoro: responsabilità del datore per omessa vigilanza

L’omessa adozione delle idonee misure protettive e l’insufficiente controllo e vigilanza circa l’uso delle stesse da parte del dipendente costituisce inadempimento agli obblighi protettivi del datore e pone in capo a questi in via esclusiva la responsabilità dell’infortunio occorso al lavoratore (Cassazione, Ordinanza 06 aprile 2022, n. 11227).

La Corte d’appello territoriale ha accolto la domanda del lavoratore di risarcimento del danno conseguito ad infortunio sul lavoro nei confronti della società datrice di lavoro, condannando quest’ultima al pagamento di una somma prevista a titolo di danno biologico, comprensiva di danno morale e previa personalizzazione del danno.
Nello specifico, la Corte ha riconosciuto la violazione dell’obbligo di vigilanza dell’impresa che non aveva sorvegliato che lo spostamento del pezzo lavorato dal lavoratore, di peso pari a 25 kg, fosse effettuato in coppia da due operai (e non dal solo lavoratore); avverso detta sentenza la società ha proposto ricorso per cassazione.

La suprema Corte ha rigettato il ricorso, richiamando le valutazioni operate dalla Corte territoriale, secondo la quale, nonostante la sussistenza di una direttiva datoriale che prescriveva che la movimentazione dei pezzi di ceramica superiori a 25 kg fosse effettuata da una coppia di operai (e non da uno solo), risultava accertata la responsabilità del datore di lavoro, in quanto questi non impediva fattivamente (ad esempio, sanzionando le violazioni) la movimentazione da soli dei carichi; risultava, altresì,essere stata accertata la carenza di direttive con riguardo allo spostamento di pezzi pari a 25 kg (come nel caso di specie) e l’assenza di prova circa l’ impossibilità di meccanizzare il passaggio dei pezzi di ceramica dal tornio al carrello.
Al riguardo, i giudici hanno ribadito il principio di diritto secondo cui il comportamento del datore di lavoro, che non adotti le idonee misure protettive e non eserciti sufficiente controllo e vigilanza sull’adozione effettiva di tali misure da parte del dipendente, costituisce inadempimento agli obblighi protettivi e pone in capo al datore, in via esclusiva, la responsabilità dell’infortunio occorso al lavoratore.

La Corte, inoltre, pronunciandosi su ulteriore motivo di ricorso, col quale la società aveva ritenuto che la Corte d’appello avesse errato nel determinare discrezionalmente l’entità del danno, ha stabilito che, in presenza di un danno alla salute, sia ammessa la congiunta attribuzione di una somma di denaro a titolo di risarcimento del danno biologico, anche personalizzato, e di una ulteriore somma a titolo di risarcimento dei danni morali, rappresentati dalla sofferenza interiore.

Tanto premesso, la Corte di Cassazione ha condiviso le conclusioni raggiunte nel giudizio di secondo grado, secondo cui la lesione del diritto alla salute, nel caso in questione, ha determinato ulteriori danni morali rispetto a quelli ordinariamente riconosciuti ad un soggetto della stessa età per il medesimo grado di menomazione, potendosi dunque ritenere ravvisabile in capo al lavoratore una elevata personalizzazione, in quanto lo stesso aveva subìto l’ulteriore grave danno di natura patrimoniale consistente nella perdita del lavoro in seguito all’infortunio e nella permanente inidoneità acquisita allo svolgimento delle mansioni per le quali si era specializzato.

EDILIZIA LAZIO: Protocollo d’intesa “Per un lavoro di qualità in edilizia”

Firmato il 7/4/2022, tra la Regione Lazio e le Parti sociali del settore Edile, il Protocollo d’intesa “Per un lavoro di qualità in edilizia”

Il presente Protocollo sottoscritto il 7 aprile 2022, ha natura sperimentale e produce effetti dalla data di stipula.
Esso ha ad oggetto la realizzazione di un Piano di Intervento volto alla promozione e alla valorizzazione della legalità nel settore edile nella regione Lazio e di contrasto al fenomeno del caporalato, nel rispetto di altri protocolli di legalità, al fine di evitare duplicazione di adempimenti e nel rispetto delle normative nazionali già esistenti.

Premesso che in edilizia svolgono un ruolo attivo gli Enti Bilaterali costituiti ai sensi e per gli effetti delle contrattazioni collettive nazionali di lavoro sottoscritta tra Ance, Aniem Confapi, CNA, Confartigianato, Claii, Fiae/Casartigiani, Lega COOP, Confcoperative e Agci e Filca-Cisl, Fillea-Cgil e Feneal-Uil, le Parti convengono che i CCNL a cui si deve far riferimento siano quelli sottoscritti dalle suddette Organizzazioni datoriali e Sindacali.
Ciò posto, il Protocollo si pone l’obiettivo di garantire l’applicazione della Contrattazione Collettiva Nazionale di lavoro per i dipendenti delle imprese edili ed affini, sottoscritta dalle parti sociali nazionali e della contrattazione integrativa Territoriale a cui fanno riferimento le organizzazioni datoriali e sindacali firmatarie del presente protocollo, per le lavorazioni edili, così come definite dalla sfera di applicazione dei CCNL richiamati, sia in ambito privato che pubblico.

I contenuti del presente Protocollo saranno recepiti nella norma di attuazione dell’art. 14 della LR 18/2019.

Conversione permessi di soggiorno: stop servizio telematico dal 22 aprile

Dal 22 aprile fino al 10 maggio compreso non si potranno inoltrare telematicamente sul sito del Ministero dell’Interno le istanze di conversione dei permessi di soggiorno in lavoro subordinato e autonomo (Modelli VA, VB, Z, LS, LS1, LS2), né le istanze per l’ingresso per lavoro subordinato non stagionale di lavoratori che abbiano completato programmi di formazione ed istruzione nei Paesi d’origine (Modello BPS), a valere sulle quote previste.

 

L’applicativo attualmente in uso non sarà operativo per complessivi 14 giorni lavorativi, per consentire le operazioni di rilascio in esercizio della nuova versione del Portale Servizi del Ministero dell’Interno, relativa all’invio delle istanze di nulla osta al lavoro e al ricongiungimento familiare.
Durante tale periodo gli Sportelli Unici per l’Immigrazione potranno continuare ad avere accesso al sistema di gestione delle istanze in sola visualizzazione per le necessità del caso.

A partire dall’11 maggio prossimo, il nuovo Portale Servizi del Ministero dell’Interno, con le nuove versioni dei modelli di domanda, sarà raggiungibile all’indirizzo https://portaleservizi.dlci.interno.it/, sezione Sportello Unico per l’Immigrazione (Comunicato Ministero lavoro 7 aprile 2022)

Risarcimento per perdita di chance da demansionamento: recupero ritenute fiscali

Con la Risposta n. 185 dell’8 aprile 2022, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che il risarcimento del danno per demansionamento, connesso alla “perdita di chance”, non ha natura reddituale, pertanto su tali somme non vanno operate le ritenute fiscali. In caso di restituzione al lavoratore di ritenute indebitamente applicate, le somme versate all’Erario possono essere recuperate dal datore di lavoro nel Modello 770.

Nel caso esaminato dall’Agenzia delle Entrate, il datore di lavoro è stato condannato dal Tribunale a risarcire il dipendente per il danno alla sua professionalità quale conseguenza del demansionamento. L’importo stabilito dal tribunale a titolo di risarcimento del danno è stato determinato in via equitativa.
Sull’importo liquidato a titolo di risarcimento del danno il datore di lavoro ha operato e versato le ritenute fiscali.
Su precetto del lavoratore, che ha rivendicato l’esenzione delle somme, il datore di lavoro gli ha corrisposto l’importo equivalente alle ritenute fiscali operate.
Si chiede, dunque, se sia corretta l’esenzione fiscale di tali somme e in che modo sia possibile recuperare le ritenute versate all’Erario.

In merito al trattamento fiscale delle somme corrisposte a titolo di risarcimento danni, la disciplina di riferimento distingue in ragione della funzione risarcitoria: “lucro cessante” o “danno emergente”.
In particolare, devono essere ricondotte a tassazione le indennità corrisposte a titolo risarcitorio, sempreché le stesse abbiano una funzione sostitutiva o integrativa del reddito del percipiente; in altri termini sono imponibili le somme corrisposte al fine di sostituire mancati guadagni (cd. “lucro cessante”) sia presenti che futuri del soggetto che le percepisce.
Non assumono rilevanza reddituale, invece, le indennità risarcitorie erogate al fine di reintegrare il patrimonio del soggetto, ovvero al fine di risarcire la perdita economica subita dal patrimonio (cd. danno emergente).

In tema di demansionamento, occorre distinguere il danno patrimoniale, derivante dall’impoverimento della capacità professionale del lavoratore o dalla mancata acquisizione di maggiori capacità, con la connessa “perdita di chances” (possibilità di guadagno), da quello non patrimoniale, comprendente sia l’eventuale lesione dell’integrità psico-fisica del lavoratore, accertabile medicalmente, sia il danno esistenziale, da intendersi come ogni pregiudizio di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all’espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno, sia infine la lesione arrecata all’immagine professionale ed alla dignità personale del lavoratore.

Il risarcimento per “perdita di chances” conseguente a demansionamento non è soggetto a imposizione fiscale ai fini IRPEF, in quanto non rappresenta alcuna reintegrazione di reddito patrimoniale non percepito, ma piuttosto il risarcimento del danno alla professionalità e all’immagine derivato dal demansionamento. In particolare, non sono imponibili le somme che trovino titolo nella necessità di ristorare la perdita delle cosiddette “chance professionali”, ossia connesse alla privazione della possibilità di sviluppi o progressioni nell’attività lavorativa. Secondo la giurisprudenza la “perdita di chance” da demansionamento configura un danno attuale e risarcibile (consistente non in un lucro cessante, bensì nel danno emergente da perdita di possibilità attuale), a condizione che il soggetto che agisce per il risarcimento ne provi, anche secondo un calcolo di probabilità o per presunzioni, la sussistenza.
A tal fine, la perdita di chance può essere dedotta, ad esempio, dall’esercizio di un’attività soggetta ad una continua evoluzione, e comunque caratterizzata da vantaggi connessi all’esperienza professionale destinati a venire meno in conseguenza del loro mancato esercizio per un apprezzabile periodo di tempo.

Dunque, le somme liquidate a titolo di perdita di chance professionali possono essere correttamente qualificate alla stregua di risarcimento di danno emergente solo ove l’interessato fornisca prova concreta dell’esistenza e dell’ammontare di tale danno. In tal caso, il risarcimento del danno non ha natura reddituale, poiché consiste nel ristoro del danno emergente dalla perdita di una possibilità attuale.
L’eventuale quantificazione del danno facendo ricorso al criterio di valutazione equitativa basato sul maggior stipendio non conseguito, non fa mutare la natura del risarcimento, attesa la funzione meramente quantitativa di tale criterio.

Nel caso esaminato, la sentenza di condanna al risarcimento del danno ha accertato la lesione della capacità professionale del lavoratore, derivante dall’attribuzione di mansioni (archivista) inferiori rispetto a quelle professionalmente spettanti, accertate da una precedente sentenza. Le somme corrisposte al lavoratore, dunque, hanno la funzione di risarcire la lesione della sua capacità professionale; sulla base delle precedenti considerazioni, pertanto, sono da considerarsi non imponibili, in quanto configurabili come danno emergente.
L’Agenzia delle Entrate chiarisce che il recupero delle ritenute indebitamente operate e versate, e poi restituite al lavoratore deve essere effettuato tramite la dichiarazione dei sostituti d’imposta – Modello 770.
Qualora i termini di presentazione del Modello 770 siano decorsi, il recupero deve essere effettuato presentando una dichiarazione integrativa.