Superamento del periodo di comporto e nesso causale tra assenze ed infortunio

Per detrarre l’assenza per malattia dal periodo di comporto non è sufficiente che la stessa abbia un’origine professionale ma è necessario che in relazione ad essa sussista una responsabilità del datore di lavoro (Corte di Cassazione – ordinanza 04 marzo 2022, n. 7247).

Secondo il consolidato orientamento della Corte di Cassazione, le assenze del lavoratore dovute ad infortunio sul lavoro o a malattia professionale sono riconducibili, in linea di principio, all’ampia e generale nozione di infortunio o malattia contenuta nell’art. 2110 c.c., comprensiva di impedimenti dovuti a cause di lavoro computabili nel periodo di conservazione del posto di lavoro previsto nel cit. art. 2110 c.c., la cui determinazione è da questa norma rimessa alla legge, alle norme collettive, all’uso o all’equità.
Non è sufficiente, perché l’assenza per malattia possa essere detratta dal periodo di comporto, che si tratti di malattia di origine professionale, meramente connessa cioè alla prestazione lavorativa, ma è necessario che in relazione a tale malattia e alla sua genesi sussista una responsabilità del datore di lavoro ai sensi dell’art. 2087 c.c.
La Corte ha anche affermato che I’art. 2087 c.c. non configura un’ipotesi di responsabilità oggettiva, in quanto la responsabilità del datore di lavoro va collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento, e che incombe al lavoratore che lamenti di avere subito, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l’onere di provare l’esistenza di tale danno, come pure la nocività dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l’uno e l’altro, e solo se il lavoratore abbia fornito la prova di tali circostanze sussiste per il datore di lavoro l’onere di provare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno e che la malattia del dipendente non è ricollegabile alla inosservanza di tali obblighi.
In particolare è stato ritenuto che gli oneri probatori spettanti al datore di lavoro ed al lavoratore sono diversamente modulati nel contenuto a seconda che le misure di sicurezza omesse siano espressamente e specificamente definite dalla legge (o da altra fonte ugualmente vincolante), in relazione ad una valutazione preventiva di rischi specifici, oppure debbano essere ricavate dallo stesso art. 2087 c.c., che impone l’osservanza del generico obbligo di sicurezza: nel primo caso, riferibile alle misure di sicurezza cosiddette “nominate”, la prova liberatoria incombente sul datore di lavoro si esaurisce nella negazione degli stessi fatti provati dal lavoratore, ossia nel riscontro dell’insussistenza dell’inadempimento e del nesso eziologico tra quest’ultimo e il danno; nel secondo caso, relativo a misure di sicurezza cosiddette “innominate”, la prova liberatoria a carico del datore di lavoro è invece generalmente correlata alla quantificazione della misura della diligenza ritenuta esigibile, nella predisposizione delle indicate misure di sicurezza, imponendosi, di norma, al datore di lavoro l’onere di provare l’adozione di comportamenti specifici che, ancorché non risultino dettati dalla legge (o altra fonte equiparata), siano suggeriti da conoscenze sperimentali e tecniche, dagli “standards” di sicurezza normalmente osservati o trovino riferimento in altre fonti analoghe.
Riguardo al caso di specie, la Corte di Cassazione ha precisato che l’impossibilità della prestazione lavorativa è imputabile al comportamento della stessa parte cui detta prestazione è destinata. Pertanto, le assenze del lavoratore dovute a malattia connessa a specifici fattori di nocività insiti nelle modalità di esercizio delle mansioni e comunque presenti nell’ambiente di lavoro sono collegate allo svolgimento dell’attività lavorativa, anche quando il datore di lavoro sia responsabile di tale situazione nociva e dannosa, per essere egli inadempiente all’obbligazione contrattuale a lui facente carico ai sensi dell’art. 2087 c.c., norma che gli impone di porre in essere le misure necessarie, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, per la tutela dell’integrità fisica e della personalità morale del lavoratore, atteso che in tali ipotesi l’impossibilità della prestazione lavorativa è imputabile al comportamento della stessa parte cui detta prestazione è destinata.
Le assenze del lavoratore dovute ad infortunio sul lavoro o a malattia professionale, in quanto riconducibili alla generale nozione di infortunio o malattia contenuta nell’art. 2110 c.c.., sono normalmente computabili nel previsto periodo di conservazione del posto, mentre, affinchè l’assenza per malattia possa essere detratta dal periodo di comporto, non è sufficiente che la stessa abbia un’origine professionale, ossia meramente connessa alla prestazione lavorativa, ma è necessario che, in relazione ad essa ed alla sua genesi, sussista una responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 c.c.

Regime di adempimento collaborativo: modalità operative rafforzate

L’Agenzia delle Entrate ha aggiornato le previsioni in materia di competenza e le modalità di applicazione del regime, andando in particolare a stabilire le competenze per l’esercizio dei poteri istruttori, lo svolgimento delle attività connesse al regime e le regole operative (Agenzia Entrate – provvedimento 09 marzo 2022, n. 74913).

L’art. 3, D.Lgs. n. 128/2015 ha introdotto nell’ordinamento un regime di Adempimento collaborativo al fine di promuovere forme di comunicazione e di cooperazione rafforzata tra l’Amministrazione finanziaria e i contribuenti dotati di un sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale.
L’istituto dell’Adempimento collaborativo si pone l’obiettivo di instaurare un rapporto di fiducia tra Amministrazione finanziaria e contribuente che miri ad un aumento del livello di certezza sulle questioni fiscali rilevanti. Tale obiettivo è perseguito tramite l’interlocuzione costante e preventiva con il contribuente su elementi di fatto, ivi inclusa l’anticipazione del controllo, finalizzata ad una comune valutazione delle situazioni suscettibili di generare rischi fiscali.
Il regime comporta l’assunzione di impegni sia per l’Agenzia delle entrate sia per i contribuenti ammessi al regime e risponde ad esigenze di certezza e di stabilità nell’applicazione della norma tributaria e di riduzione del contenzioso.
L’art. 7, co. 4, D.Lgs. n. 128/2015 prevede una prima fase di applicazione del regime riservata ai contribuenti di maggiori dimensioni, che conseguono un volume di affari o di ricavi non inferiore a dieci miliardi di euro e, comunque, ai contribuenti che abbiano presentato istanza di adesione al Progetto Pilota sul Regime di Adempimento Collaborativo di cui all’invito pubblico del 25 giugno 2013, pubblicato sul sito ufficiale dell’Agenzia delle entrate.
Inoltre, l’art. 7, co. 4, lett. b), del medesimo decreto prevede che entro il 31 dicembre 2016, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze è fissato il termine finale della fase di prima applicazione del regime.
In attuazione di tali previsioni normative, il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 30 dicembre 2016 ha fissato al 31 dicembre 2019 il termine finale della fase di prima applicazione del regime di Adempimento collaborativo e, successivamente, il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 31 gennaio 2022 ha individuato gli ulteriori contribuenti ammissibili al regime dell’Adempimento collaborativo, per gli anni 2022, 2023 e 2024, ampliando la possibilità di accesso ai contribuenti con volume di affari e ricavi non inferiore a un miliardo di euro.
Ciò premesso, con il provvedimento del 09 marzo 2022, n. 74913 l’Agenzia delle Entrate ha aggiornato le previsioni in materia di competenza e modalità di applicazione del regime già declinate, con riferimento esclusivo alla fase di prima applicazione, dal provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 26 maggio 2017, confermando le scelte organizzative effettuate nel citato provvedimento.
A tale riguardo, viene confermata la competenza esclusiva dell’ufficio Adempimento collaborativo della Divisione Contribuenti – Direzione Centrale Grandi contribuenti e internazionale, per l’esercizio dei poteri istruttori di cui agli artt 32 e 33, D.P.R. n. 600/1973 e artt. 51, co. 2 e 52, D.P.R. n. 633/1972, sulle dichiarazioni presentate dai contribuenti aderenti.
Viene così declinato, con maggior grado di dettaglio, il ruolo di ascolto ed interlocuzione attiva degli uffici Grandi contribuenti delle Direzioni Regionali (aventi competenza su contribuenti di rilevanti dimensioni – con volume d’affari, ricavi e compensi di importo non inferiore a 100 milioni di euro – e presenti nelle Direzioni Regionali di Lombardia, Lazio, Campania, Emilia-Romagna, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana e Veneto) che divengono partecipi del processo di riskanalysis dei contribuenti e di controllo sulle relative dichiarazioni presentate, supportando l’azione dell’ufficio Adempimento collaborativo della Direzione Centrale Grandi contribuenti e internazionale.
All’ufficio Adempimento collaborativo della Direzione Centrale Grandi contribuenti e internazionale vengono affidati compiti di indirizzo attraverso cui orientare e valorizzare il contributo delle nove strutture regionali coinvolte.

Resta confermata, per i periodi d’imposta in cui è operante il regime di Adempimento collaborativo, la competenza, in via esclusiva, dell’ufficio Adempimento collaborativo, per la gestione del complesso delle attività di cui all’art. 6, co. 1 e 2, del decreto, così come la competenza delle articolazioni territoriali nella cui circoscrizione è il domicilio fiscale del contribuente per il controllo formale e per la rettifica delle dichiarazioni presentate.

Fisco: ok alle domande per Onlus e associazioni sportive dilettantistiche

Dal 9 marzo 2022 e fino al prossimo 11 aprile via libera alle iscrizioni al 5 per mille per Onlus e associazioni sportive dilettantistiche (Agenzia delle entrate – Comunicato 09 marzo 2022).

Il “Decreto Milleproroghe” (DL n. 228/2021) ha previsto che le organizzazioni iscritte all’Anagrafe delle Onlus continuano ad essere destinatarie della quota del 5 per mille per l’anno finanziario 2022 con le modalità previste per gli “enti del volontariato” (DPCM 23 luglio 2020) e, dunque, le nuove richieste di accreditamento al contributo del 5 per mille devono essere presentate all’Agenzia delle entrate. Oltre alle Onlus e alle associazioni sportive dilettantistiche di nuova costituzione, sono tenute a trasmettere telematicamente la domanda anche quelle che nel 2021 non si sono iscritte o non possedevano i requisiti richiesti. Il termine del 10 aprile 2022 previsto dalla legge cade di domenica e viene quindi prorogato automaticamente al giorno successivo, lunedì 11. Possono partecipare al riparto anche le Onlus e le associazioni sportive dilettantistiche che non hanno effettuato tempestivamente l’iscrizione purché regolarizzino la propria posizione entro il 30 settembre 2022. I requisiti devono essere comunque posseduti alla data di scadenza originaria (11 aprile 2022).
Non hanno bisogno di ripresentare l’istanza le organizzazioni non lucrative già presenti nell’elenco permanente delle Onlus accreditate per il 2022, pubblicato sul sito dell’Agenzia, e le associazioni sportive dilettantistiche già ammesse lo scorso anno presenti nell’elenco permanente 2022, pubblicato dal CONI sul proprio sito istituzionale. La richiesta di iscrizione, che contiene già l’autocertificazione sul possesso dei requisiti, va trasmessa in via telematica, utilizzando i servizi online dell’Agenzia delle entrate.
L’istanza di iscrizione va trasmessa tramite i servizi telematici dell’Agenzia, direttamente o tramite intermediario. In particolare, l’applicativo per l’iscrizione delle Onlus è disponibile sul sito dell’Agenzia delle entrate, mentre quello per l’iscrizione delle associazioni sportive dilettantistiche è disponibile sul sito del Coni, mediante collegamento con il sito dell’Agenzia delle Entrate, nonché sul sito della stessa Agenzia.
Gli elenchi provvisori degli enti iscritti saranno pubblicati dall’Agenzia delle entrate (per le Onlus) e dal Coni (per le associazioni sportive dilettantistiche) entro il 20 aprile 2022. Le correzioni di eventuali errori possono essere richieste, non oltre il 2 maggio, dal legale rappresentante del soggetto richiedente, ovvero da un suo incaricato munito di formale delega, alla Direzione regionale dell’Agenzia delle entrate o all’Ufficio del Coni territorialmente competenti. La versione definitiva degli elenchi dei soggetti iscritti verrà pubblicata entro il 10 maggio.
Gli Enti del Terzo Settore si rivolgono, invece, per l’accreditamento al contributo del 5 mille al Ministero del lavoro e delle politiche sociali per il tramite dell’Ufficio del Registro Unico Nazionale del Terzo Settore.
A partire dal 23 novembre 2021, è divenuto operativo, infatti, il Registro Unico Nazionale del Terzo settore (RUNTS), e, pertanto, a partire dal 2022, il contributo del 5 per mille è destinato agli Enti del Terzo Settore iscritti al RUNTS, gestito dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.

Calendario 5 per mille 2022:
9 marzo 2022: data di avvio presentazione domanda d’iscrizione
11 aprile 2022: termine presentazione domanda d’iscrizione
entro il 20 aprile 2022: pubblicazione elenco iscritti provvisorio
entro il 2 maggio 2022: richiesta correzione domande
entro il 10 maggio 2022: pubblicazione elenco iscritti definitivo

Premio di risultato per le imprese artigiane edili venete

Siglato il 3/2/2022, tra la CONFARTIGIANATO IMPRESE Veneto, la CNA Veneto, la CASARTIGIANI del Veneto e la FENEAL-UIL regionale del Veneto, la FILCA-CISL regionale del Veneto, la FILLEA-CGIL regionale del Veneto, l’accordo regionale premio di risultato per i dipendenti delle imprese artigiane e delle pmi edili ed affini del Veneto.

La disciplina sui premi di risultato si applica a tutte le imprese edili artigiane e PMI comunque applicanti il vigente CCNL Edilizia Artigiani e PMI e il relativo CIRL Veneto.
Le imprese che intendano individuare uno o più indicatori aziendali legati all’incremento di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione ai fini del riconoscimento ai lavoratori di premi di risultato di ammontare variabile in relazione agli stessi parametri, dovranno inviare ai dipendenti una comunicazione (sulla base di quanto richiesto nell’allegato 1) con i seguenti elementi:
– il numero dei dipendenti;
– il periodo di riferimento (che dovrà risultare congruo ai fini dell’incremento degli indicatori individuati);
– gli indicatori al raggiungimento dei quali riconoscere il premio aziendale;
– l’ammontare del premio (che dovrà risultare variabile rispetto al risultato), la sua composizione e le modalità di corresponsione;
– l’importo del premio sarà corrisposto in misura proporzionale all’orario di lavoro del dipendente nel periodo di maturazione e conteggiato in 12 esimi dell’ammontare totale in caso di assunzione in corso del periodo di maturazione.
Il presente accordo ha validità a decorre dalla data di sottoscrizione e fino al 31/12/2023 e si intende tacitamente rinnovato di anno in anno salvo disdetta da inoltrare entro 90 giorni dalla scadenza.

Danno alla salute da malattia professionale: la prova a carico del lavoratore

Incombe sul lavoratore che lamenti di avere subito, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l’onere di provare, oltre all’esistenza di tale danno, la nocività dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l’una e l’altra, e solo se il lavoratore abbia fornito tale prova sussiste per il datore di lavoro l’onere di provare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno.

Veniva accolta in primo grado la domanda proposta dal lavoratore nei confronti della società datrice di lavoro ai fini dell’accertamento della responsabilità in capo alla stessa nella causazione dei danni biologici, morali, patrimoniali e non, ed esistenziali a lui causati dall’essere stato addetto all’esecuzione di mansioni usuranti, all’esposizione a vibrazioni, a posture incongrue e ad eventi climatici senza che parte datoriale fornisse idonea tutela per i suddetti rischi, operasse una loro corretta valutazione e impartisse la formazione specifica a prevenirli.
Accogliendo l’appello della società la Corte, in riforma della pronuncia di primo grado rigettava, invece, la domanda del dipendente.
La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso proposto dal lavoratore, cassava la decisione di secondo grado che aveva erroneamente posto a carico del lavoratore la dimostrazione della violazione da parte della datrice di lavoro di specifiche misure antinfortunistiche, evidenziando che il lavoratore, invece, era tenuto solo a dimostrare il nesso di causalità tra le mansioni espletate e la nocività dell’ambiente di lavoro, tuttavia restava a carico del datore di lavoro la prova di avere adottato tutte le misure esigibili in concreto.
Decidendo sul caso di specie la Suprema Corte ha ribadito il principio secondo cui, incombe sul lavoratore che lamenti di avere subito, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla salute, il solo onere di provare, oltre all’esistenza di tale danno, la nocività dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l’una e l’altra, e, una volta che il lavoratore abbia fornito tale prova, spetterà al datore di lavoro dimostrare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno (Corte di Cassazione, Sentenza 03 marzo 2022, n. 7058).